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Discussione:

Android, Chrome OS, Andromeda: Google che succede???

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  1. #1
    Malaya
    Guest
    Predefinito

    Android, Chrome OS, Andromeda: Google che succede???

    Si vocifera che, Android 7 Nougat potrebbe essere l'ultima versione del robottino verde. Dal momento che, Google sta pensando a qualcosa tipo una fusione di Android più Chrome OS, ne uscirebbe fuori udite-udite "Andromeda" (a dire il vero, voci più degli appassionati che dagli addetti ai lavori). Tutto bene fin quando a dirlo/scriverlo udite-udite è stato anche e soprattutto il noto e famoso leaker "Evan Blass" meglio conosciuto come "@evleaks" che tutti noi conosciamo per le sue anticipazioni nel mondo dei dispositivi "hi-tech". Basta leggere il suo Tweet dove afferma che: - Rumor da Android, Google può cessare lo sviluppo di Android, dopo Torrone/Nougat. - Di seguito il link del suo status di Twitter per leggere con i vostri occhi il suo Tweet.....: https://mobile.twitter.com/evleaks/s...4668071937?p=v

    Ma niente paura, perché arriva la decisione ufficiale di Google tramite uno dei massimi esponenti di Google, Android almeno per ora vivrà ancora per molto tempo: "Non abbiamo alcun motivo per unire le due cose. – Afferma con sicurezza "Hiroshi Lockheimer" capo sviluppatore di entrambi i sistemi operativi – Android e Chrome OS hanno entrambi successo nella loro formazione attuale e vogliamo semplicemente assicurarci che ognuno possa beneficiare dell’altro. Niente di più".

    Già che ci sono, rendo più "pepato" questo mio Thread con una considerazione su Android che ho notato ultimamente:

    - il root nonché il modding su Android è sempre meno di moda, meno preso in considerazione, anche le stesse custom Rom. Vuoi perché da Lollipop in poi tutto è più "sicuro", vuoi perché ormai quasi tutti i brand impongono il "bootloader" bloccato, vuoi perché le Rom sono sempre più personalizzate dal brand e ricche di funzioni/opzioni utili che, rendendo Android non stock/puro ma, ugualmente piacevole da usare addirittura non sentendo la necessità di rootare e moddare il Device non esponendolo a rischio privacy e malware. Del resto, anche molte applicazioni, social network, brand, negano i loro servizi a Device/utenti con il root. A tal proposito, non sono il solo a pensare e scrivere quando scritto poc'anzi ma, non potendo postare link esterni, riporto comunque qualcosa di interessante che mi trova di comune accordo con quanto scritto sul sito "APPELMO" riguardo al root/modding, l'articolo si intitola: "Il rooting su Android non è morto, sta diventando inutile....:

    - Vale ancora la pena eseguire il root su Android? Nonostante il rooting sia stato uno dei pilastri del sistema operativo di Google, non è un mistero che nè la società di Mountain View nè i produttori e nemmeno gli stessi sviluppatori di applicazioni siano felici dell’esistenza di un mondo parallelo grazie al quale gli utenti dotati delle giuste abilità siano in grado di aggirare divieti, limitazioni ed imposizioni.

    Il tema non è nuovo: già nel 2013 i giornalisti dell’ambiente informatico si interrogavano, preoccupati dall’arrivo di Android Lollipop, sulle possibili conseguenze che un sistema operativo più chiuso e rigido nei confronti del rooting avrebbe significato per il mondo delle mod e delle Custom ROM in generale.

    Bisogna però essere onesti: prima dell’arrivo di Android Lollipop, le precedenti versioni del sistema operativo erano e continuano ad essere terribilmente aperte a qualsiasi tipologia di infezione ed attacco esterno e le vulnerabilità mai risolte non si contano. Da quel punto di vista dunque le limitazioni al rooting erano più che sacrosante, tendenti a risolvere uno dei problemi storici di Android piuttosto che recintare le già eccessivamente vaste capacità d’azione di un SuperUtente.
    Tre anni dopo, la situazione è differente: le Custom ROM si estinguono rami nobiliari appassiti generazione dopo generazione, applicazioni, social network e persino produttori limitano o negano i propri servizi agli utenti dotati di root , gli sviluppatori Xposed abbandonano il mondo del rooting per spostarsi sull’Android stock. Il root è morto, o è semplicemente diventato inutile?

    - Partendo dalle origini:

    CyanogenMod nacque insieme ad Android: due fratelli quasi gemelli uniti da un cordone ombelicale invisibile, ma a tutti evidente; il rooting, nonostante venisse considerato dagli utenti come un mondo parallelo attraverso il quale scoprire le vere potenzialità dell’SO ,
    costituiva al contempo un pericolo per il business mobile , per quanto primitivo potesse essere ai tempi.
    Già nel 2011 l’Android Market impediva l’accesso al sistema di videonoleggio online agli smartphone dotati di root per via dei timori delle case di produzione cinematografiche , le quali ritenevano che i SuperUtenti avrebbero potuto aggirare i DRM (Digital Rights Management , ossia i diritti di copyright) attraverso qualche strana e particolare stregoneria. Timori talmente fondati che anche Netflix , allora sconosciuto ai più, per i medesimi motivi limitò per un certo periodo l’accesso agli smartphone rootati .

    Nonostante lo spettro del dio Denaro avesse tentato di impedire l’usufrutto di determinati beni e servizi – preannunciando forse quanto sarebbe accaduto in seguito – agli utenti dotati dei permessi di root, lo sviluppo di Custom ROM proseguiva allegro e spensierato , così come la diffusione dei moduli Xposed e nessuno poteva aspettarsi che pochi anni dopo tutto sarebbe finito , lentamente ma inesorabilmente.

    - 2013: la fine dell’inizio:

    Il 2013 non si qualifica come un anno simile a tutti gli altri , perlomeno per una certa categoria di utenti Android; tre avvenimenti segnarono il passo nella strada del cambiamento del mondo del rooting e provarono che sia gli sviluppatori che i produttori avevano ormai compreso l’impatto che il libero accesso al bootloader poteva avere nel commercio e negli affari.

    Nel 2013 viene infatti rilasciato Samsung KNOX. KNOX proteggeva – e continua a farlo, dato che poche settimane fa è stato persino insignito come “ Miglior piattaforma di sicurezza del mondo mobile ” dalla società Gartner Inc. Il rovescio della medaglia era, appunto, l’accesso al bootloader che veniva impedito per via delle problematiche alla sicurezza che sarebbero potute sorgere.

    Contemporaneamente giungeva su Android la versione per dispositivi mobili di Security-Ehnanced Linux, un’implementazione scritta e voluta dal ricercatore e programmatore Stephen Smiley che avrebbe aumentato notevolmente il livello di sicurezza di Android, nonostante le complicazioni per l’accesso al bootloader. Per la prima volta il passaggio di grado ad una versione più completa del sistema operativo comportava nuove limitazioni per gli utenti dotati di root; limitazioni che, sempre più frequentemente, si sarebbero riproposte ad ogni nuovo aggiornamento (da Android KitKat ad Android Lollipop, da quest’ultimo ad Android Marshmallow e poi ancora nel trasferimento ad Android Nougat ).

    Infine, negli ultimi mesi del 2013 veniva fondata Cyanogen Inc. , la società che avrebbe curato la distribuzione di Cyanogen OS presso produttori di terze parti: una commercializzazione senza scrupoli di CyanogenMod , eseguita direttamente dal suo fondatore e da quanti avevano capito che da una Custom ROM potevano essere tratti dei benefici economici ben superiori rispetto a piccole donazioni e qualche banner pubblicitario (so bene che nel 2010 Xiaomi aveva avviato la commercializzazione di MIUI, ma quest’ultima è a sua volta derivata da CyanogenMod e non ha mai raggiunto la popolarità nè le potenzialità della sua progenitrice).

    - 2016: l’inizio della fine:

    Se il 2013 ha segnato la fine della concezione del modding come attività di semplice svago per sviluppatori, il 2016 rappresenta, per ora, l’anno più nefasto e carico di ripercussioni negative (ed, ehi! Siamo solo a settembre) per il rooting le cui premesse vanno ricercate nel precedente paragrafo.

    Dopo Samsung, numerosi altri produttori e sviluppatori hanno compreso che il root poteva diventare un danno per la propria economia , più che per la sicurezza degli utenti.

    Non era più necessario essere vicini di casa di Larry Page per scoprire come sbloccare il bootloader del proprio modello senza invalidare la garanzia ed al contempo i risparmi di tre mesi, ma era sufficiente compiere una banale ricerca su Google. Così i developers hanno cominciato a ritenere che il modding non fosse più una passione per stramboidi e nerd smanettoni, ma un serio pericolo per il proprio business poichè capace di aggirare limitazioni e regolamenti: da una parte Snapchat e Pokémon GO bloccano l’accesso agli smartphone dotati di root per via della presenza di moduli Xposed che consentirebbero di aggirare i TOS, dall’altra Android Pay e Samsung Pay vietano l’utilizzo dei rispettivi sistemi di pagamento per i più che ragionevoli timori sulla stabilità del sistema e la sicurezza dei dati.

    - Chi ha ucciso il rooting?

    No, il rooting non è morto ma, da ogni punto di vista che si decida di adottare, non si sente certamente bene. Se dunque al posto dell’assassino decidessimo di andare alla ricerca del Paziente 0 , termineremmo per scoprire di essere capitati all’interno di un remake a basso costo di “ Assassinio sull’Orient-Express ” in cui tutti sono colpevoli , o in qualche modo coinvolti.

    Già: SuperSU è di proprietà della società cinese CCMT, con sede a Wall Street (o, meglio, presso una casella postale a Wall Street).

    Oltre a produttori e sviluppatori, i primi indiziati sono i modder : non soltanto il già citato team CyanogenMod che è riuscito ad imbastardirne il progetto con un sistema di contribuzione e sviluppo poco trasparente , ma anche Chainfire , autore di numerosi progetti legati al rooting. Questi infatti non manca di lamentarsi ad ogni release di Android delle crescenti difficoltà incontrate nell’accesso al bootloader – salvo poi vendere la propria creatura più celebre , l’app SuperSU, ad un’anonima e quantomeno sospetta società cinese sulla quale si sono abbattute le perplessità dell’utenza per la sicurezza dei propri dati.

    Ed è proprio qui che, secondo me, riposa la chiave di volta dell’intero ragionamento: il rooting su Android non è morto, ma sta diventando inutile ed anche pericoloso . Attraverso gli ultimi aggiornamenti Google ha certamente provveduto a rendere più difficoltoso e macchinoso il processo di ottenimento dei permessi di root , ma dall’altra ha anche aumentato il livello di sicurezza di Android e le sue potenzialità.

    Non bisogna perdere di vista il fattore sicurezza : lo smartphone non è più infatti un semplice cellulare la cui infezione da parte di un malware può portare tutt’al più alla perdita dell’intero credito telefonico ma, con l’arrivo di Android Pay e dell’Internet of Things , si appresta a diventare la centralina di controllo di un ecosistema ben più vasto e sensibile ad infiltrazioni, di cui il rooting potrebbe essere il principale veicolo.

    Inviato dal mio📱Huawei/Honor CHM-U01 utilizzando Tapatalk.
    Ultima modifica di Malaya; 14-12-16 alle 23:36

  2. Il seguente Utente ha ringraziato Malaya per il post:

    SunnyExplorer (30-12-16)

  3.  
  4. #2
    Androidiano VIP L'avatar di ultrasound91


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    Questo è l'elenco dei programmi che richiedono i diritti di root che uso io:

    Andro Shredder
    aSQLiteManager
    BusyBox
    DriveDroid
    Linux Deploy
    Logcat Extreme
    SSHDroid
    Tasker
    Titanium Backup ★ root
    Xposed

    Se ci rifletto bene, queste app sono l'unica differenza che c'è fra Android e IOS (per me),
    inoltre la possibilità di usufruire di certe funzionalità aumenta notevolmente il valore del dispositivo posseduto.
    Riguardo alla discussione, credo sia giusto che google si impegni ad aumentare il livello di sicurezza di android, imponendo delle regole per la progettazione delle app,
    ma credo sia ingiusto impedire di ottenere il rooting in modo sicuro e nativo, ad esempio utilizzando un opzione del pannello degli sviluppatori.
    E' colpa di Google se gli utenti devono affidarsi a sviluppatori sconosciuti per ottenere il rooting, quindi in modo insicuro.
    Il blocco del bootloader, è solo una questione di business.
    Applicare il root non altera i circuiti interni, quindi se lo smartphone si guasta, il produttore deve effettuare un intervento in garanzia.
    Semplicemente alcuni marchi stanno sfruttando questa problematica della sicurezza per risparmiare sui pezzi di ricambio.

  5. #3
    Malaya
    Guest
    Predefinito

    Concordo riguardo al fatto che i brand e Google dovrebbero dare la possibilità all'utente finale di scegliere liberamente se rootare o meno il Device, senza passare da applicazioni di terzi per rootare il Device.

    Però diciamo la verità, senza tanti giri di parole, il root in mano a qualche utente poco accorto/ferrato in materia è rischioso per la loro privacy e non solo, oltre che danneggiare il software/firmware del Device. Alcuni utenti devono capire bene cosa fa il root, il meccanismo del root, capire di NON installare applicazioni con permessi di root al di fuori del Play Store, installate SOLO applicazioni con permessi di root con buone recensioni. Non basta avere il root, occorre dopo il root negare alle applicazioni permessi/autorizzazioni inutili come si può ora su Marshmallow, negando per ultimo a molte applicazioni la connessione dati/wifi tramite Firewall. Per finire, tramite root e "Gestore File" stare attenti a cosa si modifica riguardo a file di sistema.

    Sono onesto, con Huawei/Honor sia con Lollipop e sia con Marshmallow ho tutto quello che prima avevo con root, da una specie di Greenify al Firewall, finendo al backup di dati e apk, tutto stock nonché personalizzato/offerto dal brand. Addirittura nella barra di stato c'è la velocità di rete, roba che prima mi occorreva un modulo di Xposed.

    L'unica mancanza del root la sento dal non poter utilizzare un'applicazione come "MyAndroidTools" per disattivare alcuni "servizi" etc molto ma molto inutili, in particolare del "Google Play Services"; oppure senza "moralismo" a rimuovere tramite file "hosts" l'ormai troppa "invadente pubblicità" di alcune applicazioni e non solo che, oltretutto consumano sempre più dati/wifi, ovviamente sul piano dati mobili il consumo della pubblicità di queste applicazioni si nota molto, consumando molti MB a fine giornata. A questo punto è meglio far "pagare" mettendo a pagamento le applicazioni, che inserire tanta e invadente pubblicità snervante.

    Inviato dal mio📱Huawei/Honor CHM-U01 utilizzando Tapatalk.

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