Ora andiamo al concreto e vediamo come fare la querela. Premesso che il sistema giudiziario italiano non ammette denunce collettive ((la class action, peraltro resa inservibile dal governo Berlusconi dell’epoca, non ha nulla a che fare con le faccende penali), occorre sapere che le oltre 150 Procure della Repubblica non hanno un database comune, non comunicano tra di loro, non si chiedono informazioni, non se ne danno. Nessuna di esse ha una sistematica condivisione di dati con le Polizie e, a loro volta, Polizia Postale, Pubblica Sicurezza, Carabinieri e Guardia di Finanza accedono al Sistema informativo interforze del Ministero dell’Interno ma non sono collegate tra di loro e neanche tra i propri stessi uffici. Questi due fatti significano che ogni Procura che riceve una querela la interpreta come un unico reato a danno di una sola persona, dandogli un’importanza proporzionata all’irrisorio danno patrimoniale provocato.
Per far sapere al Magistrato che non è così è sufficiente allegare alla propria l’elenco delle altre querele presentate sulla stessa vicenda nelle altre Procure del Paese. Risultato che si ottiene senza problemi raccogliendo in un unico luogo (ad esempio Facebook) tutte le vittime, stabilendo un testo comune e la lista generale di tutti con nome, cognome, codice fiscale, Ufficio nel quale si intende presentarla ed allegarla alle querele.
In questo modo tutte Procure coinvolte riceveranno informazioni fondamentali sia per capire gravità ed estensione del reato che per poter richiamare tutte le querele accorpandole in una sola azione giudiziaria che, a questo punto, non sarà per un danno patrimoniale di pochi Euro, riguarderà decine di persone ed anche reati più gravi della truffa.