Equo compenso, Paoli torna all’attacco: “I produttori devono pagare”

6 Febbraio 201471 commenti

Continua a far discutere il possibile adeguamento dell'equo compenso, di cui parlammo qualche tempo fa, che porterebbe a un aumento dei prezzi finali di smartphone e tablet. Le numerose proteste sorte in rete riguardo le modalità dell'adeguamento hanno spinto il Ministro Bray a richiedere un supplemento d'indagine, ma a difendere a spada tratta il provvedimento è ancora il presidente SIAE, e famoso cantautore, Gino Paoli.

In un’intervista al Corriere della Sera, Paoli, intento ad arginare quella che definisce “la propaganda delle multinazionali”, prova a fare chiarezza:

Si tratta di un compenso  in cambio della possibilità di effettuare una copia personale di registrazioni, tutelate dal diritto d’autore. Questo compenso, però, non deve essere a carico di chi acquista lo smartphone ma del produttore, che riceve un beneficio dal poter contenere sul proprio supporto un prodotto autorale come una canzone o un film. È previsto anche in Francia e Germania

[..]

Si tratta di fissare la tariffa. In Italia il prelievo è pari allo 0,12% contro il 5,12% della Germania. Eppure smartphone e tablet da noi costano in certi casi anche di più. La battaglia di Confindustria Digitale punta a proteggere le multinazionali, che spesso non pagano nemmeno tutte le tasse in Italia e che di certo non producono qui. Mentre la Siae rappresenta un milione e mezzo di lavoratori, che paga le tasse in questo Paese. Dobbiamo ricordarci che l’industria culturale vale il 5% del nostro Pil. Quello che chiediamo non è una tassa. Quando prendiamo un taxi paghiamo la corsa e lo consideriamo il compenso per il servizio ricevuto, non una tassa.

Insomma, per Paoli gli aumenti sono giustificati anche a fronte degli esempi tedesco e francese (il presidente omette ancora una volta di specificare che per l’adeguamento “europeo” delle tariffe sono stati presi in considerazione solo due Paesi dell’Unione su ventotto). Piuttosto utopisticamente, Paoli afferma inoltre che la tassa dovrebbe essere a carico dei produttori e non dei consumatori.

Secondario, per Paoli, anche il fatto che questo provvedimento potrebbe portare nelle casse della SIAE tra i 160 e i 200 milioni di Euro, sulla base delle attuali stime di vendita dei dispositivi interessati.

Il problema è mal posto. Noi stiamo rivedendo la tariffa. Il resto sono solo ipotesi. Potrebbero vendere di più, come di meno. Ma il punto è il diritto d’autore.

 

Nessuna retromarcia, dunque, ma una strenua quanto fragile difesa del proprio orticello, come già visto nelle puntate precedenti. Per restare in tema, si potrebbe dire che la musica non cambia.

 

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