Huawei e Gooogle: presunta teoria sulla collaborazione contro il divieto imposto

26 Settembre 2019Nessun commento

Come ormai molti di voi sanno, con la guerra dei dazi tra gli Stati Uniti e la Cina, ad alcune aziende statunitense, specialmente quelle tecnologiche, è stato vietato di fare affari con le omologhe cinesi. Non possono più vendere, acquistare o licenziare tecnologia ai produttori tecnologici della Repubblica Popolare Cinese.

Tra queste aziende, quella che preoccupa di più gli Stati Uniti, per la partecipazione del governo cinese nel suo direttivo, per i problemi di spionaggio avuti con la Gran Bretagna e per le falle di sicurezza riscontrati da Vodafone nel 2011 e 2012, è Huawei.

huawei spy

È stato vietato a Google, per motivi di sicurezza nazionale, di fare business con l’azienda cinese Huawei. Significa che Google non potrà fornire aggiornamenti Android e licenziare l’installazione diretta delle Google Apps, Play Store e Services. Quindi Huawei ha dovuto presentare, pochi giorni fa, il suo ultimo device, il Mate P30 Pro, con una custom ROM Android senza le Google Apps.

huawei ban

Come forse sapete, è stato già trovato un workaround al problema. Si trovano in rete tutorial e video su come installare le Google Apps ed i servizi con permessi root semplicemente installando una App, scaricabile in formato APK, come si fece con Xiaomi quando ancora commercializzava solo in Cina dove erano censurate alcune App e Socials.

cina censure

Pochi giorni fa un, Damien Wilde, un videographer di 9to5Google, ha postato su twitter un video in cui mostra un Huawei Mate P30 Pro che effettua un’operazione digitale utilizzando G-Pay con un terminale di pagamento. Naturalmente, G-Pay fa parte delle Google Apps vietate, ma col sistema che ho appena descritto, è stata installata senza problemi ed appunto Damien Wilde ne mostra l’uso senza riscontrare problemi.

Ma il video incuriosisce Mishaal Rahman, capo editor a xdadevelopers. Egli pensa che col divieto esistente non sarebbe stato possibile usare il sensore delle impronte con cui funziona G-Pay. Quindi inizia a teorizzare su presunte aperture illegali da parte di Google verso Huawei. Parla di una possibilità che Google abbia aggiunto l’azienda cinese in una whitelist per permettere l’identificazione del sensore sotto schermo delle impronte.

Mishall Rahman ha fatto anche lui delle prove utilizzando l’App SaftyNet per vedere se il device passava tutte le certificazioni Google. Ha provato prima il Pixel 2 XL, poi il Mate P30 Pro ed infine sempre il Mate P30 Pro ma con l’identificativo del sensore modificato. Alla fine dei suoi test, chiede a chiunque di fornire altre spiegazioni più plausibili del fatto.

Non molti rispondono in verità, ma quei pochi che degnano il loro tempo ad una supposizione di sabotaggio di Google, offrono spiegazioni abbastanza logiche. C’è chi afferma che è perché il Mate P30 Pro usa lo stesso sensore del Honor 9X che è stato già certificato da Google e chi invece dichiara che il divieto imposto a Google è quello di non fare affari con aziende cinesi ma non include il divieto di certificare i loro prodotti.

La cosa più strana di tutta questa storia, è che l’affermazione di Mishaal Rahman è stata riportata solo da tre siti web italiani di tecnologia mentre il resto della rete non ha rivolto alcuna attenzione al fatto.

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