Eh già, perchè come spesso succede non è tutto oro quel che luccica. Analizzando con attenzione le linee guida stabilite dal Parlamento Europeo per l’abolizione del roaming, si intravedono alcuni controsensi che potrebbero rendere il viaggio verso la “libertà” più tortuoso del previsto. Contestualmente al sudato accordo tra gli stati dell’unione sono stati infatti imposti dei paletti che impediscono “abusi” del roaming da parte dei cittadini: il “fair use” prevede dei limiti di tempo (quantificabili in alcuni mesi) entro i quali l’utilizzo del roaming gratuito sarà consentito senza alcun problema, seppur con dei limiti stabiliti dall’operatore per quanto riguarda la quantità di dati disponibile quando ci si trova fuori dal proprio paese. Perciò, non solo sarà impossibile acquistare una SIM di un paese straniero con un piano dati più conveniente e utilizzarla a lungo termine in Italia, ma quando saremo fuori per svago, studio o lavoro non potremo neanche sfruttare interamente i gigabyte che il nostro operatore ci mette a disposizione ogni mese. Il rischio maggiore però si potrebbe palesare in modalità ben peggiori, come un aumento delle tariffe nostrane o una diminuzione dei bundle dati, per arrivare addirittura all’eventualità di non offrire più servizi di roaming per quanto riguarda gli operatori più piccoli.
Il motivo di queste elucubrazioni “catastrofiche” risiede principalmente nel valore elevato delle tariffe all’ingrosso sul traffico dati, ovvero quei soldi che gli operatori dovranno corrispondere ai loro rispettivi esteri quando un cliente utilizzerà il proprio smartphone fuori dal paese di origine. Secondo i dettami del consiglio europeo infatti, 1GB di internet in roaming avrà nel 2017 un costo all’ingrosso di 10€, con un piano di diminuzione che porterà la cifra a dimezzarsi nel 2021(!). In breve: l’anno prossimo ogni GB consumato all’estero costerà al nostro operatore 10€ che dovrà corrispondere all’operatore del paese in cui ci troviamo in quel momento, cosa che rende insostenibili sotto ogni punto di vista le tariffe con cui le varie TIM, Vodafone, Wind e Tre cercano di accaparrarsi clienti. Come può infatti un piano da 3GB a 5€ permetterci di utilizzare tutti quei dati all’estero, se la spesa per il fornitore del servizio poi potrebbe diventare di 30€? Non può, punto.
Questo controsenso nasce, come spesso accade, dall’attitudine di molti governi al non guardare più in là del proprio naso. Mentre il Parlamento Europeo portava avanti il progetto, i rappresentanti di ogni stato membro al Consiglio Europeo si davano battaglia sui costi all’ingrosso del traffico dati, con tredici nazioni (principalmente del nord) proponenti una netta diminuzione della spesa e gli altri (Italia in testa) ad opporsi. Il motivo è banale e semplice da capire: se ad esempio il roaming consumato dai turisti in Italia fosse maggiore di quello consumato dagli italiani all’estero, ciò potrebbe portare ad un guadagno di qualche tipo. Ma è da sciocchi non tenere conto delle conseguenze: se un operatore dovesse trovarsi in rosso a causa delle tariffe dati in roaming, da dove cercherà di recuperare il bottino? La risposta è ovvia, e causerebbe i famigerati aumenti dei piani tariffari e/o la diminuzione dei GB offerti.
Fortunatamente c’è ancora del tempo perchè la situazione migliori, soprattutto perchè le discussioni sul prezzo all’ingrosso non sono ancora definitivamente chiuse e perchè ci sono organi all’interno del parlamento che hanno già presentato una proposta ufficiale per diminuire le tariffa a 4€/GB immediatamente per poi portarla gradualmente a 1€/GB. L’alternativa che si profilerebbe nel caso in cui le cose rimanessero come sono è quella di un tetto ai cosumi, con il quale il traffico dati all’estero potrebbe essere limitato soltanto alla quantità di gigabyte “pagabili” con la propria tariffa mensile (es. con una tariffa di 5€ per 3GB, all’estero ne sarebbero utilizzabili soltanto 500MB, ovvero 5€ di prezzo all’ingrosso). Nel testo europeo non mancano inoltre delle norme di sicurezza nel caso in cui un’azienda si ritrovasse in rosso per via del roaming libero, grazie alle quali la stessa azienda potrebbe tornare ad applicare dei sovrapprezzi al roaming, un po’ come succede adesso. Insomma le incertezze non mancano neanche a livello istituzionale.
Le incognite che ci accompagneranno da qui al fatidico 15 giugno dunque sono ancora molte, così come saranno molte le contrattazioni sul prezzo all’ingrosso a livello parlamentare e consiliare che andranno avanti fino a marzo 2017, data in cui sarà presa una decisione definitiva. La speranza è che il buon senso alla fine prevalga e che si arrivi ad un mercato telefonico europeo sostenibile per tutti i protagonisti, dalle istituzioni ai cittadini passando per gli operatori.