Google PlayStore è stato ripulito da Mountain View: lo store online vive di pubblicità ed è giusto che gli sviluppatori e i loro introiti vengano tutelati nel modo migliore possibile. Cosa è successo esattamente? Molti di voi se ne saranno senz’altro accorti: Big G ha deciso di eliminare dal suo negozio online le applicazioni che permettevano di evitare la pubblicità.
A confermare la decisione è stato Jared Rummler, noto sviluppatore, che su Twitter ha fatto cenno alla decisione della compagnia, non senza mostrare un certo fastidio. Ma non c’era bisogno di andare a trovare fra un cinguettio e l’altro la verità: dando un’occhiata a Google PlayStore, infatti, si vede benissimo che sono spariti AdBlock Plus, AdFree Android e Ad Blocker Root, oltre a molti software dello stesso tipo; non si tratta, perciò, di una voce di corridoio.
Anche perché la presenza di queste applicazioni rappresenta una violazione vera e propria dell’articolo 4.4 del Developer Distribution Agreement, firmato da tutti coloro che pubblicano applicazioni sul PlayStore; tale articolo impone che i publisher non siano autori di applicazioni che interferiscano con le altre, modificandole senza avere i permessi.
Con una decisione del genere non si può che essere d’accordo: le applicazioni gratuite generano introiti soprattutto grazie ai banner; gli sviluppatori, insomma, dovranno pur riuscire in qualche modo a guadagnare (non che la monetizzazione delle app offra molto in tutti i casi, ma sempre meglio che un blocco…). La reazione di molti è stata negativa, ma tant’è: Google ha le idee ben chiare.