Google: tra censura e compromesso in Cina

7 Settembre 20154 commenti

A quanto pare Google starebbe pianificando un ritorno in Cina per l'immediato futuro: Big G spera di aprire una versione censurata del Play Store per il pubblico cinese già questo autunno, come incipit per ristabilire la propria presenza nel Paese più ricco di abitanti del mondo.

Nel “lontano” 2010 Google abbandonò la Cina per preoccupazioni riguardanti attacchi hacker e un regime di sorveglianza eccessivo: si trattò di un’imponente scelta, decisamente difficile dal punto di vista commerciale, ma che permise di proteggere gli utenti dei servizi del colosso di Mountain View e di riaffermare i valori della compagnia.

A distanza di 5 anni la situazione cinese non è cambiata, ma semplicemente Google non può più ignorare un mercato così ricco e produttivo dal punto di vista tecnologico, senza contare i rivali: Apple si è già accaparrata la vendita di iPhone e la presenza del proprio App Store – ci si aspetta che la Cina diventi il suo mercato dominante.

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Quest’ultima nazione e Big G dopo la separazione non sono rimasti esattamente in buoni rapporti, quindi persino un colosso del genere potrebbe necessitare di un supporto di terzi. Google si appoggerà pesantemente su alcuni partners, possibilmente del calibro di Huawei (con cui già collabora per la produzione di uno dei prossimi Nexus 5 2015).

A quanto pare le aziende manufatturiere cinesi non hanno incluso i Google Services nei propri dispositivi Android, e le ragioni sono essenzialmente due:

  1. I servizi Google sono difficilmente e scarsamente disponibile in Cina
  2. Le compagnie preferiscono approfittarne per mettere in evidenza i propri app store.

Ciò significa che Google dovrà offrire a tali aziende qualche sorta di incentivo per “ospitare” Play Store tra le app dei device prodotti.

C’è però un altro problema di fondo: distribuire una versione del Play Store in Cina richiederà l’approvazione del governo; secondo il report Google dovrà acconsentire al blocco delle app che le autorità del Paese non ritengono opportune. Sembra che Big G abbia accettato (for money’s sake) e che non permetterà affatto la distribuzione di file media come film e libri.

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Ma non è finita qui: il colosso di Mountain View avrebbe intenzione di lanciare anche Android Wear, la cui distribuzione è bloccato per l’assenza dei Google Play Services negli smartphone cinesi, il che ovviamente limita anche l’interazione con gli smartwatch.

Per finire, in Cina il famigerato Play Store sarà funzionante solo su Android Marshmallow; il lancio della piattaforma è previsto per questo autunno.

Cosa ne pensate? Ditecelo nei commenti.

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