Come abbiamo letto ieri, un articolo di Motor Trend aveva dato eco alla posizione di Porsche. In particolare, le accuse che venivano mosse a Google e ad Android Auto riguardavano l’acquisizione indebita di dati relativi al veicolo. Citiamo:
Come parte dell’accordo che qualsiasi compagnia automobilistica deve accettare per entrare in partnership con Google, alcuni blocchi di dati avrebbero dovuto essere raccolti e spediti a Mountain View, California.
Dettagli come velocità del veicolo, posizione dell’acceleratore, temperatura del liquido refrigerante e dell’olio, revisioni del motore – praticamente Google vuole avere un dump OBD2 completo ogni qualvolta qualcuno attiva Android Auto. A detta di Porsche ciò non è legittimo.
Google ha voluto affidare a un comunicato la propria replica:
Per riportare questa storia sul binario giusto, prendiamo molto seriamente la questione relativa alla privacy e non raccogliamo i dati di cui parla l’articolo di Motor Trend, come posizione dell’acceleratore e temperature di olio e liquido di raffreddamento. È l’utente a scegliere di condividere informazioni con Android Auto in modo da migliorare la propria esperienza d’uso e far si che il sistema possa essere hands-free quando si guida e fornire indicazioni più accurate tramite il GPS.
A TechCrunch, Google ha inoltre fornito ulteriori chiarimenti sui dati acquisiti da Android Auto: il sistema condivide con lo smartphone abbinato informazioni sulla posizione, per fornire indicazioni GPS più accurate, ed è in grado di capire se il veicolo è parcheggiato o è in movimento, interfacciandosi con l’utente nel modo più appropriato (tastiera nel primo caso, comandi vocali nel secondo).
L’utilizzo o meno dei fari permette inoltre ad Android Auto di capire se presentarsi in versione diurna o notturna; Google precisa inoltre che l’invio di informazioni è protetto dal sistema di permessi di Android: l’utente viene informato e deve autorizzare l’invio di informazioni relative al veicolo da parte di una determinata app, che sia di Google o di terze parti.
A quanto pare, riferisce sempre TechCrunch, inizialmente Google aveva scelto un approccio più “invasivo”, richiedendo ai produttori interessati ad Android Auto di fornire una mole di dati superiore a quella attualmente richiesta, e questo potrebbe aver spinto Porsche ad abbandonare la piattaforma e originato l’articolo incriminato.
Google ricorda inoltre che sono già 35 i produttori che stanno portando Android Auto sulle proprie vetture, tra cui Volkswagen, che controlla anche Porsche, e Audi, che appartiene alla stessa famiglia; Ford e General Motors hanno tenuto a precisare che, per quanto riguarda i rispettivi modelli, Android Auto ha accesso alla sola posizione GPS e ad alcune informazioni base sul veicolo, come l’orario e lo stato di parcheggio/movimento.