Android Auto, Google svela quali dati vengono raccolti dalla piattaforma

7 Ottobre 201523 commenti

Ha fatto molto discutere, ieri, la notizia che la nuova Porsche 911 non supporterà Android Auto, a causa di problemi di privacy: secondo il costruttore, Google avrebbe infatti potuto entrare in possesso di dati riguardanti il veicolo. Poche ore dopo, ecco arrivare la replica di Mountain View.

Come abbiamo letto ieri, un articolo di Motor Trend aveva dato eco alla posizione di Porsche. In particolare, le accuse che venivano mosse a Google e ad Android Auto riguardavano l’acquisizione indebita di dati relativi al veicolo. Citiamo:

Come parte dell’accordo che qualsiasi compagnia automobilistica deve accettare per entrare in partnership con Google, alcuni blocchi di dati avrebbero dovuto essere raccolti e spediti a Mountain View, California.

 

Dettagli come velocità del veicolo, posizione dell’acceleratore, temperatura del liquido refrigerante e dell’olio, revisioni del motore – praticamente Google vuole avere un dump OBD2 completo ogni qualvolta qualcuno attiva Android Auto. A detta di Porsche ciò non è legittimo.

Google ha voluto affidare a un comunicato la propria replica:

Per riportare questa storia sul binario giusto,  prendiamo molto seriamente la questione relativa alla privacy e non raccogliamo i dati di cui parla l’articolo di Motor Trend, come posizione dell’acceleratore e temperature di olio e liquido di raffreddamento. È l’utente a scegliere di condividere informazioni con Android Auto in modo da migliorare la propria esperienza d’uso e far si che il sistema possa essere hands-free quando si guida e fornire indicazioni più accurate tramite il GPS.

A TechCrunch, Google ha inoltre fornito ulteriori chiarimenti sui dati acquisiti da Android Auto: il sistema condivide con lo smartphone abbinato informazioni sulla posizione, per fornire indicazioni GPS più accurate, ed è in grado di capire se il veicolo è parcheggiato o è in movimento, interfacciandosi con l’utente nel modo più appropriato (tastiera nel primo caso, comandi vocali nel secondo).

L’utilizzo o meno dei fari permette inoltre ad Android Auto di capire se presentarsi in versione diurna o notturna; Google precisa inoltre che l’invio di informazioni è protetto dal sistema di permessi di Android: l’utente viene informato e deve autorizzare l’invio di informazioni relative al veicolo da parte di una determinata app, che sia di Google o di terze parti.

A quanto pare, riferisce sempre TechCrunch, inizialmente Google aveva scelto un approccio più “invasivo”, richiedendo ai produttori interessati ad Android Auto di fornire una mole di dati superiore a quella attualmente richiesta, e questo potrebbe aver spinto Porsche ad abbandonare la piattaforma e originato l’articolo incriminato.

Google ricorda inoltre che sono già 35 i produttori che stanno portando Android Auto sulle proprie vetture, tra cui Volkswagen, che controlla anche Porsche, e Audi, che appartiene alla stessa famiglia; Ford e General Motors hanno tenuto a precisare che, per quanto riguarda i rispettivi modelli, Android Auto ha accesso alla sola posizione GPS e ad alcune informazioni base sul veicolo, come l’orario e lo stato di parcheggio/movimento.

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