Apple permette la trasmissione a terze parti di informazioni ottenute mediante Facial Recognition

2 Novembre 201711 commenti

L'inchiesta nasce dai giornalisti di Reuters che per primi hanno divulgato la notizia.

Sin da quanto Apple ha mostrato al mondo per la prima volta il suo iPhone X, sapevo che nel giro di settimane, e non di mesi, sarebbe sorto il primo problema riguardante l’utilizzo improprio del Facial Recognition e infatti eccoci qua pronti a parlarne.

I giornalisti di Reuters hanno svelato un grosso problema di privacy che riguarda la feature di Facial Recognition su iPhone X, principale selling point dello smartphone di Cupertino.
Nonostante la promessa di Apple di mantenere le informazioni facciali ottenute dall’utente in locale, pare invece che quest’ultime possano essere inviate a server di terze parti al fine di migliorare le applicazioni interessate.

Il software di iPhone X, infatti, permette ai developers di catturare e inviare fino a 50 espressioni facciali, ma per farlo necessita dell’approvazione esplicita dell’utente con la garanzia che queste non verranno messe in vendita o distribuite.

Le informazioni che possono essere trasmesse vanno piuttosto nel dettaglio, potendo infatti verificare quale reazioni un utente ha nei confronti di un ad o di un’app, addirittura riuscendo a calcolare quante volte vengono sbattute le palpebre o se si sorride.

Il problema sorge dal fatto che Apple, pur vietando espressamente l’utilizzo improprio dei dati raccolti, non ha controllo diretto sui file una volta completato l’upload e di conseguenza non è possibile garantire che questi non verranno destinati a metodi non consentiti o illeciti.
Inoltre, non è da escludere che alcune applicazioni potrebbero ottenere l’approvazione dell’utente in maniera ingannevole.

Apple, dal canto suo, si difende facendo leva sul fatto che i dati in questione necessitano di esplicita autorizzazione dell’utente pre-invio, e che i developers che non rispettano tale regolamento verranno immediatamente espulsi dall’App Store.

Per il momento, siamo solo agli albori di questa nuova e potenziale violazione della privacy, ma sono certo che in futuro ritorneremo sull’argomento.

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