Scandalo Cambridge Analytica: Facciamo il punto

23 Marzo 20183 commenti

In molti abbiamo sentito parlare dello scandalo Cambridge Analytica che in questi giorni ha investito Facebook. Cerchiamo di riassumere tutto ciò che è successo finora.

Piccola premessa: Cambridge Analytica è una società fondata nel Regno Unito 5 anni fa. Il suo lavoro è raccogliere quanti più dati possibile al fine di realizzare modelli e algoritmi in grado di delineare nella maniera più precisa possibile i gusti degli utenti. Il modello più efficace risulta essere quello sviluppato dal ricercatore di Cambridge Michal Kosinski. Per farci un’idea delle sue potenzialità, motherboard riporta una sua dichiarazione:

 Seventy “likes” were enough to outdo what a person’s friends knew, 150 what their parents knew, and 300 “likes” what their partner knew. More “likes” could even surpass what a person thought they knew about themselves.

 

70 “mi piace” erano abbastanza per sapere più cose riguardo una persona rispetto ai suoi amici, 150 per sapere più cose dei suoi genitori e 300 per saperne più del suo partner. Con più “mi piace” sarebbe possibile conoscere una persona ancora meglio di quanto lei non conosca sè stessa.

Il quadro si completa con l’attività di un altro ricercatore di Cambridge, Aleksandr Kogan. Questi nel 2014 realizzò un’app chiamata thisisyourdigitallife, in grado di delineare il profilo psicologico degli utilizzatori e persino di prevederne i comportamenti futuri, basandosi sui dati ottenuti dal login tramite Facebook. In 270.000 si registrarono e, prima che Facebook iniziasse a impedirlo, l’app ebbe accesso anche ad alcuni dati degli amici di queste persone, arrivando quindi ad avere informazioni su 50 milioni di persone.

Le informazioni sono state poi cedute a Cambridge Analytica, in violazione di termini e  condizioni di Facebook, fatto che ha causato la sospensione della società da Facebook solo lo scorso 16 marzo. La sospensione in oggetto ha riguardato anche SCL, Strategic Communication Laboratories, che ha seguito nel 2016 la campagna elettorale di Donald Trump.

A tal proposito, in queste ore il procuratore Mueller, lo stesso che sta lavorando alla vicenda Russiagate, sta indagando sull’uso fatto dal team del presidente americano dei dati forniti proprio da Cambidge Analytica dietro un corrispettivo di circa 6 milioni di dollari. Il sospetto è che queste informazioni siano state usate per influenzare il voto di milioni di americani, facendo leva su gusti, aspettative e paure e mostrando loro annunci o addirittura fake news realizzate ad hoc.

Ma la storia non finisce qui: secondo un’inchiesta del Guardian, Cambridge Analytica avrebbe avuto un ruolo anche durante il periodo del referendum a proposito della Brexit, cercando di convincere gli elettori a votare per il leave (sebbene nemmeno in questo caso siamo in possesso di prove certe e concrete).

Se diversi utenti stanno abbandonando la piattaforma, compreso il co-fondatore di WhatsApp Brian Acton, Mark Zuckerberg si è già detto disponibile a presentarsi davanti al congresso americano e ha provveduto più volte a scusarsi per quanto accaduto, assumendosi ogni responsabilità e promettendo sei migliorie per rendere più efficiente la protezione dei dati dei suoi utenti:

  1. Controllare la nostra piattaforma: Analizzeremo tutte le app che hanno avuto accesso a una grande quantità di informazioni prima del 2014, anno in cui abbiamo apportato delle modifiche per ridurre l’accesso ai dati e controlleremo in maniera completa ogni applicazione con attività sospetta. Se scopriremo un uso scorretto delle informazioni personali da parte degli sviluppatori provvederemo a bloccarli dalla piattaforma.
  2. Informare le persone circa un uso improprio dei dati: Daremo comunicazione alle persone se un’app utilizzerà in modo improprio i loro dati. Tutti coloro che hanno utilizzato un’app rimossa per questo motivo ne saranno informati
  3. Disattivare l’accesso alle app non utilizzate: Se non utilizzerete un’app per tre mesi le impediremo di accedere alle vostre informazioni.
  4. Limitare i dati forniti con Facebook Login: Ridurremo i dati che le app possono richiedere al momento dell’accesso, in modo che tra questi vi siano solo nome, immagine del profilo e indirizzo email. Ogni altra richiesta dovrà essere approvata da noi.
  5. Incoraggiare le persone a gestire le app che usano. Già mostriamo alle persone quali app sono connesse ai loro account e quali dati sono autorizzate a utilizzare. In futuro renderemo queste scelte più semplici da gestire.
  6. Ricompensare chi ci aiuterà a trovare vulnerabilità: Nelle prossime settimane espanderemo il bug bounty program di Facebook, in modo che le persone potranno anche riportarci utilizzi scorretti dei dati da parte degli sviluppatori di app.

Chissà se le promesse del fondatore di Facebook basteranno a calmare le acque, almeno temporaneamente. La vicenda, comunque, sembra tutt’altro che conclusa.

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