Facebook e i soliti sospetti: quando nel tuo smartphone c’è un piccolo Kaiser Soze

11 Giugno 20182 commenti

Il controllo dell'informazione e soprattutto dei dati di milioni di internauti, ormai è risaputo essere alla base dei profitti delle moderne corporation tecnologiche del terzo millennio.

Un grande fratello “gentile” che, mentre siamo intenti a farci coccolare e divertire dalle nuove meraviglie dell’informatica, ci sfila da sotto il naso ogni dato personale.
Tutto ciò di certo non è ormai più un segreto e, per quanto possa far storcere il naso, finchè ne siamo consapevoli non vi è nulla di illecito. E il fatto di sapere che, mentre navighiamo all’interno di un sito web, i dati sulle nostre abitudini digitali vengano rastrellati, magari non impensierisce proprio tutti così tanto.

Ma se fossero i dati delle nostre preferenze più intime ad essere fagocitate, vendute e addirittura pilotate saremmo poi così poco attenti e preccupati? E soprattuto chi sarebbe questo Big Brother ficcanaso e così morbosamente interessato a tutto ciò che ci riguarda fino alla più (apparentemente) inutile e personale delle sciocchezze?

La risposta la conoscete già: Facebook.

Dopo lo scandalo di Cambridge Analytica il social network per eccellenza è diventato un sorvegliato speciale e soprattutto ha dimostratto al mondo quanto la parte oscura della new internet economy guidata da profitto e potere si nutra di tutti noi tramite i nostri profili. Ora però il pericolo non è più circoscritto all’operato di piccole grandi società che sfidando la legge si impossessano e manipolano i nostri dati a loro rischio e pericolo.

Adesso scopriamo che il vero pericolo verso la nostra intimità l’abbiamo sempre avuto tra le nostre mani: il nostro smartphone, un piccolo e perfetto Kaiser Soze.

Cambridge Analytica Facebook

E attenzione, non è una banalità, del tipo “ma si!.. lo sapevamo gia!” perchè non si tratta della solita privacy da firmare nel concedere o meno la nostra disponibilità al nostro compagno tecnologico di raccogliere anonimamente dati per migliorare il servizio: qui c’è una bomba che è esplosa sulle nostre facce freezzate dal display!
E’ notizia di questi giorni, scaturita da un’inchiesta del New York Times, che il nostro fedele amico di giornate Facebook abbia per anni “incosapevolmente” concesso ai produttori di smartphone l’accesso diretto ai dati di milioni di utenti.

Secondo il NYT l’azienda di Palo Alto avrebbe firmato accordi con 60 produttori di smartphone e tablet consentendo loro di accedere ai profili personali di milioni di utenti senza uno specifico consenso da parte loro. La vicenda nasce a partire da 10 anni fa, quando si era agli albori dei primi app store e i produttori di smartphone per poter inserire app nei propri device come appunto Facebook ne creavano una versione customizzata da inserire nella ROM di ogni dispositivo venduto, così da poter essere utilizzata già dalla prima accensione.

Per assecondare questa esigenza ed espandere al massimo la propria diffusione, Facebook mise a disposizione delle aziende un programma (API) in grado di poter integrare il social network all’interno delle proprie app, prevedendo l’utilizzo totale dei dati degli utenti senza alcuna autorizzazione sottoscritta.Tutto ciò ai tempi era lo standard d’implementazione usato non solo dall’azienda di Mark Zuckerberg ma anche dai colossi come Google, Youtube e Twitter. Tra gli utilizzatori di questi dati il NYT cita nomi importanti quali Apple, Samsung, Amazon e Blackberry e molti produttori di device: che ne dite? Nessun problema, sono cose che capitano?

Io non credo proprio.

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