La società cinese opera sul mercato mondiale col peso di un divieto imposto dagli Stati Uniti che la costringe ad installare una versione opensource del sistema operativo Android nei suoi ultimi smartphone e di non poter avere la licenza d’uso delle Google App e Servizi.
Anche se Huawei è riuscita a trovare alternative a gran parte dell’hardware che acquistava dalle società americane, Joy Tan, vicepresidente di Huawei US, ammette al giornale economico-finanziario del Regno Unito che distribuire i device senza i servizi Google come Play Store e le App come Chrome e Maps “è la parte più impegnativa“.
Tan ha anche aggiunto che ci vorranno anni prima che HarmonyOS, che Huawei ha rivelato ad agosto, sarà in grado di uguagliare la suite dei servizi Android di Google.
Huawei ha perso il supporto per Android dopo che il dipartimento di commercio degli Stati Uniti l’ha inserita in una lista nera a seguito dell’ordine esecutivo del Presidente Trump che di fatto non ammetteva il gigante cinese nelle reti di comunicazioni statunitensi. L’esclusione è dovuta per motivi di sicurezza per la presenza di componenti del partito comunista della Repubblica Popolare Cinese nel direttivo dell’azienda (che Huawei ha sempre negato).
Alphabet, società holding di Google, ha revocato la licenza d’uso di Android ad Huawei costringendola ad usare una versione opensource per il suo smartphone Mate 30. Una soluzione alternativa consente agli utenti di scaricare ed installare manualmente le App di Google, ma secondo quanto riferito, è stata eliminata.
La scorsa settimana, Huawei ha dichiarato di aver spedito 185 milioni di telefoni nei primi tre trimestri del 2019, un aumento del 26% su base annua, ma questi dati si riferiscono al periodo precedente il divieto e, stando alle dichiarazioni di Tan, dovremmo aspettarci un quarto trimestre in calo.