rappresentano una minaccia per la sicurezza nazionale degli Usa e devono essere tenute lontane da qualsiasi operazione di fusione o acquisizione di aziende americane, perché hanno legami pericolosi con le forze armate e il governo di Pechino
Le due aziende sono quindi accusate di inserire nei propri dispositivi dei software volti a rubare all’utente dati sensibili, e di inserire all’interno dell’hardware dei chip capaci di disattivare il dispositivo da remoto, in caso di necessità.
Il problema non riguarda solo la sicurezza dei singoli utenti ma anche quella della rete: Huawei è la seconda azienda al mondo che fornisce attrezzature per le telecomunicazioni, compresi cavi a banda larga e reti UMTS.
Il portavoce del ministro degli esteri cinesi è intervenuto difendendo le due aziende e augurandosi che il governo americano abbandoni quelli che definisce “pregiudizi”.
Noi non ci sentiamo di attaccare Huawei e Zte: teniamo conto che utilizzare uno smartphone costituisce sempre una certa rinuncia alla privacy dal momento che dati come la nostra posizione vengono trasmessi ai server di Google, di Facebook e di tutti i servizi che utilizziamo, in modo perfettamente legale. Quando all’ipotetica presenza di “chip di auto-distruzione”, facciamo notare che diversi smartphone Motorola risaputamente montano un chip eFuse, capace di disattivare il dispositivo se attivato da remoto (ufficialmente i chip vengono inseriti per impedire l’utilizzo di firmware modificati e per proteggere i dati degli utenti). In ogni caso, se avete acquistato un telefono cinese e siete preoccupati per la vostra privacy, la soluzione è ricorrere a firmware modificati dalle community, completamente open source e sicuri.
[via: La Stampa]