E' quanto scoperto dalla Guardia di Finanza di Roma, nell’ambito di un’attività investigativa che ha individuato un sodalizio criminoso di diversi soggetti, stabilmente residenti tra Roma e Napoli. Fatture false per oltre un miliardo di euro. La truffa consisteva nell'acquisto di prodotti elettronici, senza Iva, che venivano poi rivenduti in Italia agli effettivi beneficiari della frode a prezzi concorrenziali
Una frode Iva pari a 250 milioni . E' quanto scoperto dal Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma, nell’ambito di un’attività investigativa che ha individuato un sodalizio criminoso di diversi soggetti, in particolare due famiglie residenti una a Roma e l'altra Napoli, che sul territorio nazionale, dal 2007 al 2011, perpetrava un rilevante truffa commercializzando prodotti elettronici, prevalentemente telefoni cellulari. La frode veniva attuata tramite l’emissione di fatture false da parte di una società romena, costituita appositamente per il solo scopo di favorire l’ingente evasione Iva. L’operazione - ribattezzata dagli investigatori con il nome “Transilvania romana” - è stata diretta e coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma. Essa ha consentito di individuare circa cento ditte operanti sull’intero territorio nazionale che, oltre a essere formali clienti dell’interposta società romena, a loro volta erano coinvolte in un’ulteriore frode carosello Iva. “In un momento di crisi economica come quello in cui ci troviamo oggi è sempre più importante reprimere l’evasione fiscale e assicurare la genuinità delle attività presenti sul mercato”, ha commentato il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani.
LE MODALITÀ - Tali società, nello stesso periodo, avrebbero effettuato acquisti di beni, senza Iva, anche da altri fornitori dell’Unione Europea per un ammontare di circa 1,2 miliardi di euro, per poi rivenderli in Italia agli effettivi beneficiari della frode, a prezzi fortemente concorrenziali. Infatti, l’Iva esposta in fattura, non veniva mai versata all’Erario, consentendo, quindi, di cedere i beni sottocosto (valore inferiore rispetto a quello d’acquisto) e di perpetrare in tal modo una frode superiore fino a 250 milioni di euro. Tale comportamento determinava un doppio danno per l’erario, ha spiegato Laviani, “non solo evasione fiscale, ma anche un credito d’imposta”. L’Iva ossia non veniva realmente versata ma comunque si creava un credito per l’Iva che era stata falsamente pagata. “Si tratta di una vera e propria criminalità fiscale”, ha detto il comandante provinciale della guardia di finanza Ignazio Gibilaro.
LE PERQUISIZIONI - Al riguardo, sono state eseguite circa 150 perquisizioni disposte dalla Procura Capitolina su tutto il territorio nazionale, al fine di reperire e sottoporre a sequestro tutta la documentazione contabile ed extracontabile necessaria a supportare la frode, ma sono stati sequestrati anche computer e altro materiale elettronico, a conferma della reiterazione e dell’attualità dell’attività delittuosa.
NOVANTA DENUNCIATI - A oggi, sono novanta i responsabili denunciati per reati tributari e frode fiscale. Le attività investigative, comunque, stanno proseguendo anche attraverso l’aiuto delle indagini bancarie finalizzate a individuare tutte le imprese beneficiare della frode, che verranno controllati oltre che sotto il profilo penale e amministrativo anche per il soddisfacimento delle pretese erariali sulla scorta delle loro disponibilità finanziarie. A tal riguardo, per l’applicazione dell’istituto del “sequestro per equivalente” sono già state segnalate al Magistrato inquirente le possidenze mobiliari e immobiliari (abitazioni, terreni, quote societarie, auto e barche) riconducibili ai sei componenti del sodalizio, pari al valore di circa 3 milioni di euro.